Predatori: I Predatori d'acqua aperta
Articolo scritto da Giacomo Conte
I ciclidi abitano principalmente i fondali, ed è proprio a dimostrazione
della loro grande adattabilità che alcuni di essi si sono evoluti in
specie d’acqua aperta. Due generi differenti di ciclidi predatori, Rhamphochromis e Diplotaxodon,
cacciano in acque di media profondità e alcuni di loro vi si
riproducono pure. Si nutrono principalmente di crostacei e usipa, le
sardine del lago.
Gli usipa adulti si nutrono di plancton vicino alla riva e sono altamente apprezzati come pesci per l’alimentazione della popolazione locale. Sono anche utilizzati come esche per la pesca. Le sardine adulte (dalla dimensione massima di circa 12 cm) si riproducono in acqua aperta, lontano dalla costa e la prole si trova nelle acque aperte al centro del lago. Qui essi costituiscono una facile preda per almeno 15 specie di Diplotaxodon. Quando la sardina di lago cresce, migra verso la riva alla ricerca di cibo sopra il fondale sabbioso in acque molto basse, dove però costituisce una preda per altri predatori, come Dimidiochromis e Champsochromis.
Anche il genere Rhamphochromis si nutre di giovani utaka e di altri piccoli ciclidi, ed alle volte si avvicina alla riva per seguire i folti banchi di usipa che qui vi si radunano. Al contrario, Diplotaxodon si sposta raramente verso la riva del lago, ma rimane perlopiù ad una profondità di almeno 30 metri nell’acqua aperta. I maschi di alcune specie di questo genere diventano molto grandi, e presentano dei distinti ocelli sull’anale che gli permettono di riprodursi anche nelle peggiori condizioni di luce. Altri, invece restano più piccoli e sono privi di qualsiasi traccia di ocelli sulla pinna anale. Alcune specie possono aver sviluppato una tecnica riproduttiva adatta all'acqua aperta: la riproduzione in colonna d’acqua è stata registrata per la prima volta da Spreinat nel 1991, in una specie del genere Rhamphochromis. La riproduzione a mezz’acqua è molto diffusa tra questi particolari ciclidi: infatti potrebbe essersi evoluta a causa dell’indisponibilità di substrati adatti alla riproduzione, in quanto o occupati da altre specie più aggressive, oppure fuori dalla loro portata (in acque profonde più di 150 metri l’ossigeno è molto scarso o addirittura inesistente e la colonna d'acqua soprastante è troppo torbida per permettere alla luce di penetrare).
Gli usipa adulti si nutrono di plancton vicino alla riva e sono altamente apprezzati come pesci per l’alimentazione della popolazione locale. Sono anche utilizzati come esche per la pesca. Le sardine adulte (dalla dimensione massima di circa 12 cm) si riproducono in acqua aperta, lontano dalla costa e la prole si trova nelle acque aperte al centro del lago. Qui essi costituiscono una facile preda per almeno 15 specie di Diplotaxodon. Quando la sardina di lago cresce, migra verso la riva alla ricerca di cibo sopra il fondale sabbioso in acque molto basse, dove però costituisce una preda per altri predatori, come Dimidiochromis e Champsochromis.
Anche il genere Rhamphochromis si nutre di giovani utaka e di altri piccoli ciclidi, ed alle volte si avvicina alla riva per seguire i folti banchi di usipa che qui vi si radunano. Al contrario, Diplotaxodon si sposta raramente verso la riva del lago, ma rimane perlopiù ad una profondità di almeno 30 metri nell’acqua aperta. I maschi di alcune specie di questo genere diventano molto grandi, e presentano dei distinti ocelli sull’anale che gli permettono di riprodursi anche nelle peggiori condizioni di luce. Altri, invece restano più piccoli e sono privi di qualsiasi traccia di ocelli sulla pinna anale. Alcune specie possono aver sviluppato una tecnica riproduttiva adatta all'acqua aperta: la riproduzione in colonna d’acqua è stata registrata per la prima volta da Spreinat nel 1991, in una specie del genere Rhamphochromis. La riproduzione a mezz’acqua è molto diffusa tra questi particolari ciclidi: infatti potrebbe essersi evoluta a causa dell’indisponibilità di substrati adatti alla riproduzione, in quanto o occupati da altre specie più aggressive, oppure fuori dalla loro portata (in acque profonde più di 150 metri l’ossigeno è molto scarso o addirittura inesistente e la colonna d'acqua soprastante è troppo torbida per permettere alla luce di penetrare).
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